Diritto di difesa nel mirino: così pure l'avvocatura sarà "difensiva"

Pubblicato: 07 Aprile 2023 - Autore: Umberto Fantigrossi

La legge fondamentale che regola la professione forense (la 247 del 2012) non contiene alcuna disposizione specifica in materia di responsabilità degli avvocati. Una scelta forse in quel momento giustificata dalla rarità delle cause promosse da clienti insoddisfatti che addebitassero l'esito negativo alla condotta del difensore, nonché dalla protezione comunque assicurata al legale, in quanto esercente una professione intellettuale, dal regime dell'art. 2236 del codice civile, il quale, in caso di problemi di particolare complessità, limita la responsabilità al dolo o colpa grave. La situazione appare oggi alquanto mutata e non favorevolmente per gli avvocati. È altamente cresciuta la complessità della legislazione, e anche la giurisprudenza è sempre più imprevedibile e altalenante. Sullo specifico tema è frequente l'affermazione di responsabilità anche nei casi in cui sia contestata la semplice negligenza o la mera "frettolosità" nella interpretazione della norma, come è capitato in un recente caso deciso dal Tribunale di Milano (Sez. prima civile, Giudice Borrelli, n. 10207/2022), nel quale l'errore professionale fonte di responsabilità è stato affermato sussistente per un ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile, salvo poi non far seguire la condanna risarcitoria in difetto della prova del danno.

Il ricorso era stato redatto senza la formulazione dei quesiti di diritto, che il difensore aveva ritenuto di omettere essendo intervenuta l'abrogazione della norma che li prevedeva a far data dal giorno di entrata in vigore della novella del codice di procedura in relazione alle sentenze pubblicate dalla medesima data (4 luglio 2009). In quel giudizio la Corte suprema aveva ritenuto ancora vigente l'istituto e quindi dichiarato inammissibile il ricorso (Ord. n. 15837/2012) perché, asuo dire, la sentenza impugnata era stata pubblicata proprio il 4 luglio, mentre la norma transitoria prevedeva l'entrata in vigore dal giorno successivo. Eppure in altra vertenza del tutto analoga (sentenza impugnata depositata il 4 luglio 2009) la stessa Corte (Sent. n. 13608/2013) aveva ritenuto il quesito di diritto già abrogato. Anche la dottrina processualistica si era espressa nel senso di porre la data limite di sopravvivenza del quesito di diritto al giorno precedente l'entrata in vigore della riforma. Il caso è emblematico perché segala la propensione a valutare la condotta del difensore ex post, per di più sulla base di un parametro assolutamente elastico come quello della massima diligenza. Con il che di fatto diincentivando qualsiasi tentativo di proporre soluzioni interpretative diverse da quelle della giurisprudenza maggioritaria, per ipotesi anche se maggiormente favorevoli per l'assistito o comunque fondate da ragioni non disprezzabili. Del resto la colpa lieve o l'imperizia potrebbe essere contestata al difensore anche nell'ipotesi di un mero errore interpretativo o semplicemente a fronte di un mutamento degli orientamenti della giurisprudenza. Inoltre, poiché i giudizi in Cassazione definiti sulla base di una valutazione d'inammissibilità sono una percentuale rilevante e crescente del totale di quelli decisi, si può ipotizzare un aumento esponenziale di questo contenzioso contro i legali. Se la tendenza dovesse proseguire, si verrebbe ad affermare un'avvocatura difensiva altrettanto negativa almeno quanto la medicina difensiva, quella che induce il medico ad attenersi sempre ai protocolli senza assumersi alcun rischio, anche nei casi in cui la salvezza della vita del paziente lo richiederebbe. La soluzione, de jure condendo, potrebbe essere trovata adottando la medesima impostazione che il legislatore ha utilizzato per i magistrati: la disciplina del risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie (legge 117/1988) all'art. 2, prevede la limitazione della responsabilità ai casi di dolo e colpa grave, con esclusione espressa dell'attività di interpretazione di norme di diritto. Dal momento che gli avvocati, come i giudici, operano in un contesto di notevole incertezza del diritto, e che proprio in ragione di ciò per i magistrati si è formulata quella specifica esimente, ben potrebbe essere introdotta una norma analoga nell'ordinamento della professione forense. Così realizzando il risultato di uniformare il regime della responsabilità civile, quanto meno sotto il profilo dei presupposti, delle due principali categorie di operatori del diritto.

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