Egregio Direttore,
sono rimasto stupito che il dott. Armando Spataro, illustre magistrato, nel suo intervento sulla separazione delle carriere, abbia affermato che la parità tra pubblico ministero e difensore “non sussiste sul piano istituzionale”, in quanto a differenza del primo “l’avvocato è un privato professionista vincolato dal solo mandato a difendere”. Faccio osservare l’esito di verità cui il processo tende non è posto a carico di uno o dell’altro dei suoi protagonisti, ma è il risultato della corretta dialettica tra di essi. Per questo è la Costituzione, all’art. 111, che proclama solennemente quel principio di parità tra le parti che Spataro disconosce. Quanto agli avvocati, non è vero che l’incarico professionale li ponga in una condizione di mera esecuzione della volontà e degli interessi del cliente: la legge che reca l’ordinamento professionale assicura infatti la libertà, autonomia ed indipendenza anche nei confronti del proprio assistito, posizione resa chiara dall’impegno solenne, sempre previsto dalla L. 247/2012, a osservare i doveri della professione “per i fini della giustizia”. E’ davvero triste che di questo ruolo non si abbia consapevolezza proprio da chi porta la toga come noi.