Premiare le imprese positive, il caso della Calabria

Pubblicato: 21 Dicembre 2023 - Autore: Umberto Fantigrossi

Non è solo un caso che l’assemblea annuale di Confindustria che si è tenuta a Roma qualche settimana fa avesse come tema “Impresa, lavoro e democrazia: la strada della Costituzione”. Le ragioni di fondo di questa scelta le ha ben illustrate il presidente Carlo Bonomi che ha invocato la democrazia come valore universale e la nostra carta costituzionale come stella polare anche delle imprese. Il Presidente Mattarella in quella stessa assise di imprenditori ha richiamato il legame tra economia e democrazia, indicando le aziende come agenti di libertà, al centro di un sistema di valori, non soltanto economici.
Parole alte e giuste, che però ascoltate dai territori del sud Italia, rischiano di assumere la valenza della retorica e della pia illusione.
In quelle regioni vi sono aree in cui le imprese sane e gli imprenditori che si oppongono allo strapotere delle cosche, non solo rischiano ogni giorno di perdere la propria vita o quella dei propri famigliari, ma le cui imprese vengono ostacolate e portate al tracollo finanziario per l’asfissiante pressione dell’occulto e potente sistema dell’economia malavitosa.
In questa situazione come si può attuare il progetto di società giusta che la Costituzione ci indica?
In primo luogo ricordando che nell’art. 2 vi sono due principi fondamentali che riguardano tutti e tutti interpellano: inviolabilità e solidarietà. L’inviolabilità riguarda i diritti fondamentali dell’uomo, mentre la solidarietà impone l’adempimento di doveri inderogabili verso i consociati e la società nel suo complesso. Ma se il primo presidio dei diritti sono i doveri di solidarietà politica, economica e sociale, allora è qui, prima ancora che sul fronte della repressione dellaforza pubblica e della giurisdizione, che occorre trovare il modo di ribaltare il paradigma dell’attuale situazione delle zone del paese accomunate da questa condizione di diffusa illegalità. Assume a questo punto una funzione fondamentale quella di colui che denuncia la sopraffazione e i reati e si mette al fianco della giustizia nell’azione repressiva. Le istituzioni devono far comprendere, con comportamenti coerenti ed azioni concrete, che il denunciante non è un “infame”, ma il primo mattone della costruzione della società giusta che si può edificare e può resistere nel tempo solo se cementata con la solidarietà. Si può andare oltre, ricordando che non ci può essere democrazia senza uguaglianza e che l’altro pilastro del disegno costituzionale è rappresentato dall’art. 3, comma 2, in cui è scolpito il compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli posti da una certa struttura economica e sociale al pieno godimento di libertà ed uguaglianza. Se si
tratta di rimuovere ostacoli e, nel nostro caso, quelli che impediscono ad un cittadino imprenditore di svolgere la propria attività in condizioni di parità effettiva con i propri concorrenti e senza il freno di un contesto sociale ostile, è evidente che va concepita una strategia di “azioni positive”, cioè di trattamenti differenziati e favorevoli che compensino ed annullino quelle discriminazioni e penalizzazioni subite in ragione del proprio andare contro corrente, mettendosi a fianco dello Stato. Di questo cambio di paradigma, nel contrasto all’economia malavitosa, che privilegia il contributo delle forze sane della società rispetto all’azione repressiva delle istituzioni, si stanno avendo alcuni esempi incoraggianti. È di questi giorni l’approvazione all’unanimità, in Regione Calabria, di una legge per assicurare premialità nelle procedure d’aggiudicazione di contratti pubblici e nell’assegnazione di contributi e sussidi economici per le imprese resistenti alla criminalità organizzata. Altro esempio di questa diffusa consapevolezza dell’importanza di nuovi strumenti e nuove alleanze al servizio del contrasto all’economia malavitosa è il protocollo innovativo sugli appalti sottoscritto dall’Acea di Roma con le organizzazioni sindacali.
Il protocollo definisce vari criteri premianti nelle gare d’appalto, tra i quali la riduzione del numero dei subappalti, la garanzia della percentuale di donne e giovani e di lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato, il numero di ore di formazione al personale occupato, il potenziamento dell’azione di contrasto agli infortuni. La strada è quella giusta e non c’è che da sperare che queste buone pratiche si consolidino e diventino sempre più diffuse.

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