Con il varo a livello europeo di un regolamento sull’intelligenza artificiale e, per iniziativa del Governo, di una legge sul medesimo tema, si soddisfa l’incessante domanda di regolazione che l’erompere dei sistemi di Intelligenza artificiale ha fatto sorgere nel dibattito pubblico. Una spinta mossa in gran parte dalla carica simbolica del termine, che prospetta il rischio del sopravvento della macchina sull’uomo e il sacrificio di valori etici e giuridici fondanti la società civile. Un approccio che però non aiuta alla razionale valutazione dei vantaggi che questi sistemi tecnologici avanzati possono portare ed a contenere la regolazione nella misura sufficiente a governarne i rischi effettivi, senza ostacolarne l’impiego. Si deve inoltre considerare che di fronte a sviluppi tecnologici di queste dimensioni, che investono l’intero pianeta a grande velocità, la pretesa di affidarne l’orientamento al rispetto di valori e principi a normative molto dettagliate e rigide e comunque applicate localmente, appare abbastanza velleitaria.
Si può provare allora a ragionare di una strategia delle istituzioni pubbliche per l’Ai che non metta in campo solo la loro capacità regolatoria, ma anche il ruolo che possono svolgere come attori economici, ricordando che l’articolo 41 della Costituzione prevede la possibilità di orientare a fini sociali l’attività economica sia pubblica che privata. Pensare a sistemi di intelligenza artificiale promossi e finanziati dallo Stato e dagli enti pubblici, progettati fin dall’origine nel rispetto dei diritti e delle libertà dei cittadini e posti al loro principale servizio, può essere la strada giusta per non lasciare il campo libero ai grandi poteri digitali privati e per avere, finalmente, la leva giusta per quella grande incompiuta che è la riforma della pubblica amministrazione italiana. Se poi si considera che la bontà e affidabilità dei sistemi di Ai dipende grandemente dalla quantità e qualità dei dati che vengono impiegati per il loro addestramento, come non vedere che è proprio il settore pubblico il maggior detentore di una molteplicità di basi di dati ufficiali, attendibili e continuamente aggiornate che attengono ad ogni settore dell’economia e della società e che nessun altro operatore privato può mettere in campo.
Si tratta però di un patrimonio informativo statico, frammentato in banche dati ancora poco integrate e che attende quella completa valorizzazione che l’innesto di sistemi pubblici di Ai, appositamente progettati, potrebbe finalmente realizzare.
Concepire e sviluppare l’Ai come servizio pubblico non vuol certo dire escludere i privati da questo che è anche un mercato. I dati pubblici già da tempo sono resi disponibili per il riutilizzo commerciale, secondo la specifica disciplina comunitaria recepita in Italia.
Ma ben si può concepire un servizio pubblico che prioritariamente soddisfi le esigenze di modernizzazione delle strutture amministrative, mettendo in campo i sistemi di Ai. Pensiamo ai possibili vantaggi che questi sistemi possono portare per automatizzare le procedure più semplici e ripetitive, per fornire una prima assistenza agli utenti nella ricerca di informazioni e nell’avvio delle pratiche (potremmo vedere finalmente l’applicazione del principio dell’once only), per eseguire controlli in continuo ed individuare così più facilmente frodi, per ottimizzare l’impiego del personale.
Una strategia adeguata per l’impiego della Ai nel settore pubblico e per una Ai come servizio pubblico richiede ovviamente risorse finanziarie significative e qui purtroppo va rilevato che il Pnrr pur avendo dedicato alla digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni una specifica componente della Missione 1, non ha previsto alcuna risorsa per questi sistemi tecnologici più avanzati: una lacuna che dovrà essere colmata al più presto.
L’altra precondizione indispensabile è quella di rimuovere la barriera di conoscenza e culturale che ancora separa la società civile e il mondo delle imprese dalla pubblica amministrazione. Per progettare un’amministrazione pubblica digitale, che si avvalga dei più avanzati sistemi tecnologici, compresi quelli basati sull’Ai, occorre che si affermi il modello dell’amministrazione condivisa e dialogante, basata sulla reciproca fiducia, non imbrigliata da soverchianti e dannose discipline di dettaglio né paralizzata dalla malintesa privacy e dai suoi severi custodi.