di Rita Palumbo
Giornalismo e comunicazione: un rapporto non sempre semplice di cui si parla da tempo. Questa settimana Rita Palumbo ospita nella sua rubrica un intervento sul tema dell'Avvocato Umberto Fantigrossi.
Ogni giorno, nella pubblica amministrazione assistiamo a bandi con offerte di lavoro per attività che richiedono competenze proprie del comunicatore, ma riservate soltanto agli iscritti all’Ordine. Una situazione diffusa che apre però a ricadute negative sull’occupazione e sulla qualità delle prestazioni. Il nodo centrale riguarda le pari opportunità di accesso alla PA, precisando che la questione non è una contrapposizione tra giornalisti e comunicatori, ma di ruolo, funzioni e competenze specifiche. Con queste motivazioni Ferpi ha presentato un esposto all’Antitrust, accompagnata dall’Avv.Umberto Fantigrossi, esperto in materia e consulente di Ferpi.
di Umberto Fantigrossi
Si parla da molto tempo di applicazione dei principi della concorrenza al mondo delle professioni e di conseguenza di riduzione dell’ambito delle attività riservate a coloro che sono iscritti ai vari albi professionali. Nel caso delle attività di comunicazione purtroppo questa tendenza generale fatica a trovare applicazione ed anzi vi sono addirittura casi di riserve che si ampliano e di mercati preclusi ai professionisti che hanno la competenza e la qualificazione per svolgere tutte le svariate attività che il mercato richiede. L’esempio più eclatante è quello degli Uffici di comunicazione ed informazione di molte pubbliche amministrazioni, che vengono affidati unicamente a giornalisti. Casi recenti di bandi confezionati da Comuni, di media e grande dimensione, con questa esclusiva, sono stati segnalati da FERPI all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella speranza di un intervento di correzione di questa prassi che si pone peraltro in netto contrasto con le indicazioni già a suo tempo rese da questo stesso ente all’indomani del varo della legge n. 150 del 2000. Questa disciplina infatti, pur con tutti i suoi limiti, che meriterebbero una radicale riforma, è comunque chiara nell’affermare la distinzione tra i compiti degli uffici stampa e le attività di comunicazione e di relazioni con il pubblico. Distinzione ribadita e precisata nell’ambito del regolamento attuativo n. 422 del 2001, il quale conferma che l’iscrizione negli elenchi dei professionisti e dei pubblicisti, che costituiscono l’albo dei giornalisti, sono richiesti solo per coloro che svolgono le attività di informazione, mentre diversi e ben più ampi sono i requisiti per lo svolgimento delle attività di comunicazione. Perché all’ora le P.A. spesso ignorano questa distinzione e attribuiscono ai giornalisti l’esclusiva competenza per entrambe? Le ragioni sono essenzialmente due. La prima è quella della scarsa conoscenza del settore, delle sue caratteristiche e della disciplina dei vincoli comunitari in materia di concorrenza e di apertura dei mercati delle professioni, che impongono di rimuovere ingiustificate e non proporzionate barriere di ingresso. La seconda è la spinta al contenimento dei costi: se ad un giornalista affido oltre alle attività proprie della sua competenza professionale anche quelle del comunicatore, pago uno e prendo due.
Però non sempre l’Ente avrà davvero un risparmio e soprattutto un servizio all’altezza delle esigenze e degli obiettivi degli amministratori. Infatti in questo modo, da un lato, si costringono gli enti pubblici a non potersi avvalere dei professionisti specificatamente competenti e quindi potenzialmente maggiormente abili nei vari e sempre più complessi settori della comunicazione e, dall’altro, se necessitano di queste competenze specifiche, ad esternalizzare singole commesse.
La via maestra è quindi quella di far operare, anche in questo campo, le P.A. come qualsiasi altra buona organizzazione, che soddisfa sul mercato, aperto e concorrenziale, ogni sua specifica esigenza di professionalità.