Antenne per la telefonia: complesso il bilanciamento tra ambiente e telecomunicazioni

Pubblicato: 02 Aprile 2024 - Autore: Umberto Fantigrossi

Anche in caso di impugnazione di titoli autorizzatori relativi a stazioni radio base assumono rilievo i principi resi dall’Adunanza Plenaria n. 22 del 2022 per cui il criterio della vicinitas, non vale da solo ed in automatico a soddisfare anche l’interesse al ricorso, essendo necessario che sussista lo specifico pregiudizio derivante dall’intervento di trasformazione territoriale che si assume illegittimo.

È necessario che il limite o il divieto posto dall'ente locale in sede di regolamento ex art. 8, comma 6, l. n. 36/2001 non impedisca la capillare distribuzione del servizio all'interno del territorio: deve, quindi, esservi un equo contemperamento tra l'interesse urbanistico perseguito dal Comune e l'interesse alla piena ed efficiente copertura di rete. La specificazione dei siti è ammessa dalla norma ma in negativo, a fini di tutela, e non può quindi estendersi alla ulteriore limitazione della specificazione dei siti quali unici punti ammessi, pena una illogica inversione del criterio normativamente stabilito.

La previsione del programma annuale delle proposte di localizzazione va intesa in termini generali senza che possa assurgere ad una condizione preliminare ed ostativa al rilascio di singole istanze. Analogamente devono ritenersi non ostativi l’omessa procedura di valutazione per le zone di installazione condizionata, la violazione degli obblighi imposti dal Comune in sede regolamentare e di quanto possa essere utilmente integrato in sede istruttoria (atto di impegno al ripristino ambientale e cauzione fideiussoria).

E’ illegittima l’autorizzazione per l’installazione di un antenna per la telefonia mobile in area soggetta a vincolo in difetto della specifica autorizzazione paesaggistica, nonché nel caso di erronea indicazione delle coordinate di collocazione dell’impianto.

Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, II, n. 310 del 6 febbraio 2024, Pres. Russo, Est. Cozzi. Iliad Spa – Comune di Casalpusterlengo.

Non è possibile ritenere che l’art. 86, comma 3, del d.lgs. n. 259 del 2003 consenta di insediare infrastrutture per impianti radiotelefonici in aree interessate da uno specifico vincolo quando tale insediamento abbia l’effetto di rendere impossibile l’assolvimento della funzione con esso assegnata, posto che, se si ammettesse il contrario, verrebbe sacrificato l’interesse pubblico sotteso al vincolo stesso. Interesse quest’ultimo che deve considerarsi prevalente rispetto a quello connesso all’obiettivo di realizzare una capillare rete di impianti di radiotelefonia posto che tale obiettivo può essere comunque conseguito collocando l’infrastruttura in area attigua non interessata dal vincolo.

L’interesse pubblico prevalente che giustifica l’esercizio del potere di autotutela deve ritenersi sussistente in re ipsa quando il richiedente abbia fornito dichiarazioni non veritiere che abbiano ingenerato, in capo all’Amministrazione, un errore decisivo. Questo principio viene comunemente applicato in materia di titoli edilizi ma non vi è ragione per non applicarlo al caso dell’autorizzazione all’installazione degli impianti di radiotelefonia che comprende in sé anche l’autorizzazione edilizia.

Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, II, n. 325 del 9 febbraio 2024, Pres. Russo, Est. Cozzi. Cellnex Italia Spa – Comune di Caronno Pertusella.

E’ illegittima la previsione di una Norma tecnica del piano particolareggio di un parco che assoggetta l’installazione di una stazione radio base ad un intervento di miglioria forestale o in alternativa alla corresponsione di una somma di denaro, in quanto nessuna norma di rango primario consente ai comuni di imporre le sopra descritte prestazioni ma addirittura l’art. 54, primo comma, del d.lgs. n. 259 del 2003 vieta espressamente la possibilità di imporre ai suddetti operatori qualsiasi onere diverso da quelli previsti dallo stesso decreto ovvero da quelli eventualmente dovuti per l’occupazione di aree pubbliche.

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Le tre decisioni in commento evidenziano l’encomiabile sforzo dei giudici amministrativi di orientare le amministrazioni comunali verso un corretto e consapevole governo dell’insediamento territoriale delle antenne per la telefonia mobile, quanto mai utile nella stragrande maggioranza dei casi in cui le amministrazioni locali non si siano dotate dello specifico regolamento previsto come mera “possibilità” dalla legge quadro n. 36 del 2001.
Se infatti il regolamento c’è vale la consolidata linea interpretativa che il Consiglio di Stato anche in questa occasione conferma: no a divieti generalizzati ed equo contemperamento degli interessi pubblici contrapposti alla tutela dell’ambiente e del territorio e al corretto funzionamento delle telecomunicazioni, con correlato principio della necessaria capillarità della localizzazione degli impianti.
Se invece si tratta di una situazione regolata solo dalla pianificazione urbanistica generale, l’equiparazione legale di questo tipo di impianti alle opere di urbanizzazioni legittimerebbe la pretesa dei gestori di collocare gli impianti in qualsiasi zona del territorio comunale, a prescindere dalla destinazione ad essa impressa negli strumenti di piano, con conseguente indiscriminata lesione di ogni minimo livello di riduzione degli impatti ambientali legati alle notevoli dimensioni di questi apparati.
Di questo pericolo si è fatta carico la prima sentenza del Tar di Milano qui in rassegna, la n. 310/2023, introducendo la considerazione della differenza che deve intercorrere tra le destinazioni urbanistiche – con le quali si assegnano a vaste zone del territorio comunale una o più destinazioni onde assicurarne l’ordinata fruizione – e i vincoli urbanistici impressi su specifiche aree, al fine di soddisfare un puntuale interesse pubblico. Osserva correttamente il collegio su questo punto che mentre la destinazione urbanistica della zona omogena, data la vastità della medesima, non viene compromessa dall’insediamento in essa di alcune infrastrutture per impianti radiotelefonici, compromessa può risultare, in caso di insediamento di tali opere, la funzione assegnata alla singola area dal vincolo urbanistico. Ad esempio nel caso di infrastruttura per impianti radiotelefonici costruita su area assoggettata a vicolo espropriativo che renda impossibile la realizzazione dell’opera pubblica programmata.
Nella categoria dei vincoli urbanistici rientrano, ad avviso del Tar, quelli impressi tramite convenzioni o atti unilaterali d’obbligo, finalizzati ad assoggettare specifiche aree a specifiche funzioni in modo da rendere sopportabile il carico urbanistico connesso all’insediamento nelle stesse aree di determinate attività: tipico esempio sono proprio i vincoli a parcheggio funzionali all’insediamento di pubblici esercizi. Facendo applicazione di questa soluzione interpretativa è stato ritenuto corretto l’intervento inibitorio, in sede di autotutela, svolto dall’amministrazione comunale, essendosi dimostrato che l’area su cui la ricorrente avrebbe realizzato il proprio impianto era destinata – in base ai titoli edilizi rilasciati per l’edificazione di un immobile collocato in prossimità di essa e al titolo commerciale rilasciato per l’insediamento in tale immobile di una pizzeria – a verde, ai fini del rispetto del parametro della percentuale minima di permeabilità di cui all’art. 3.2.3 del Regolamento Locale d’Igiene, e a parcheggio, ai fini del reperimento della quota standard prevista dal regolamento sull’insediamento delle attività commerciali. Secondo la decisione in commento in tali condizioni appare evidente, che l’antenna non può essere insediata nella suddetta area, posto che, in caso contrario, non verrebbero rispettati i parametri sopra indicati con conseguente compromissione dell’interesse pubblico prevalente.
Sempre nella stessa decisione è questa stessa compromissione a consentire l’esercizio del potere di autotutela, che deve ritenersi sussistente in re ipsa quando il richiedente abbia fornito dichiarazioni non veritiere che abbiano ingenerato in capo al Comune un errore decisivo (nel caso specifico il gestore aveva dichiarato espressamente che l’opera sarebbe stata realizzata in area non interessata da vincoli). In tale situazione si è affermato correttamente che la mancata esplicitazione, nel provvedimento comunale impugnato, delle superiori ragioni di interesse pubblico sottese all’esercizio del potere di autotutela non ne determini l’illegittimità.
Venendo dai profili della disciplina pianificatoria a quelli procedimentali, si può tornare alla sentenza del giudice d’appello, segnalando la parte in cui esaminando le contestazioni rivolte ad un provvedimento autorizzatorio valuta idonee ad inficiarne la validità solo alcune, considerandone invece altre non rilevanti o comunque emendabili nel corso del procedimento. Tra le prime si collocano, sul piano sostanziale, quella relativa al difetto di autorizzazione paesaggistica, necessaria ed imprescindibile in presenza del relativo vincolo, nonché quella della indispensabile corretta e puntuale corrispondenza della localizzazione nell’istanza e nei vari elaborati tecnici di supporto. Tra le seconde il Consiglio di Stato colloca il difetto di impegno al ripristino ambientale e della cauzione fideiussoria: lacune emendabili, ad avviso del collegio, nel corso del procedimento. Soluzione però che desta perplessità dal momento che, ove tale soluzione non abbia trovato effettiva attuazione, il titolo autorizzatorio resta valido ed efficace in difetto di elementi di non secondario rilievo, sempre ai fini della miglior salvaguardia degli interessi pubblici.
Quanto infine alla terza sentenza in rassegna, la n. 325 del Tar Milano, deve senz’altro condividersi la chiara applicazione della riserva di legge di cui all’art. 23 Cost., che in questo come in tutti i settori dell’azione amministrativa, fa divieto di gravare i cittadini e le imprese di prestazioni patrimoniali imposte in difetto di una norma di rango primario.

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