Due appaiono i principali fattori che fino a oggi hanno impedito di centrare l’obiettivo dell’amministrazione pubblica “aperta”. L’eccessiva frammentazione e pluralità delle discipline in gioco quando si tratta di stabilire se un’informazione è pubblica e accessibile e quale sia il regime di utilizzo e di circolazione, nonché l’eccessivo numero e scarso coordinamento delle Autorità e degli apparati preposti alla gestione della trasparenza e che hanno titolo per disciplinarne in concreto limiti e condizioni.
Quanto alla prima questione, si sente con urgenza l’esigenza di riportare organicità della normativa relativa alla trasparenza amministrativa, oggi dispersa in una pluralità di fonti di rango comunitario, nazionale, regionale e di normazione secondaria. Quest’ultima proveniente da un numero significativo di Autorità, ognuna delle quali portatrice di un’ottica settoriale che massimizza uno o l’altro dei profili e degli interessi coinvolti nella scelta di mettere o meno l’informazione a disposizione del pubblico o del soggetto che la richiede. Sul piano istituzionale interagiscono e devono trovare sintesi operativa, a livello statale, l’Autorità nazionale Anticorruzione, il Garante per la protezione dei dati personali, la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero per la Pubblica Amministrazione e, per tutto quanto attiene alle banche dati pubbliche e all’utilizzo delle tecnologie dell’informazione, l’Agenzia per l’Italia digitale. Si consideri, al riguardo, l’effetto negativo che ha il crescente utilizzo dei poteri sanzionatori da parte del Garante della privacy nei confronti delle Pa (8 ordinanze ingiunzioni nel 2019, 21 nel 2020 e una trentina nel primo semestre del 2021, per importi rispettivamente di 44mila, 100mila e oltre 2 milioni di euro).
Anche sul piano dei rimedi amministrativi e giurisdizionali, per la tutela dei cittadini cui la trasparenza venga negata, il sistema appare disomogeneo e poco efficace, finendo per premiare la tendenza difensiva del funzionario che, in un caso dubbio, rischia meno negando l’accesso piuttosto che consentendolo. Il problema della trasparenza amministrativa e dell’esigenza di realizzarla senza sacrificare altri valori e princìpi quale quello della tutela dei dati personali, richiede di essere risolto prima ancora che con una serie di puntuali prescrizioni, dettate dall’alto, fornendo a chi deve individuare il punto di equilibrio nei singoli casi, della sensibilità e della cultura necessarie per raggiungere il risultato con consapevolezza ed equità.
Del resto, in questo modo, l’attenzione verrà spostata dal semplicistico dilemma accesso sì/no, a quello ben più complesso della qualità dell’informazione. Si eviterà così l’apparente rimedio della minimizzazione sempre e comunque, che se utilizzato indiscriminatamente e soprattutto alla fonte, può portare a una significativa perdita di valore del patrimonio informativo pubblico.
Si deve auspicare che le Pa esercitino a pieno le proprie competenze normative in materia di pubblicità e accesso, anche per raggiungere più elevati livelli di trasparenza, in modo da non gravare di eccessiva responsabilità i singoli funzionari e di non subire eccessive ingerenze nella propria sfera di autonomia istituzionale, per di più da parte di istituzioni prive di diretta legittimazione democratica. Deve essere messa in campo una disciplina organica dei diversi tipi di accesso e delle attività di informazione e comunicazione delle amministrazioni pubbliche, facendo in modo che la trasparenza da una condizione subita e “strappata” dal cittadino più attrezzato e combattivo, divenga un risultato ricercato dall’amministrazione consapevole dei vantaggi che possono derivare, alla qualità delle proprie attività e prestazioni, dialogando alla pari e a “carte scoperte” con i propri interlocutori. Nel campo della tutela dei dati personali e dei suoi rapporti con la trasparenza amministrativa urge una riforma istituzionale che ridisegni l’assetto delle varie Autorità in modo che le competenze vengano esercitate in modo coordinato e bilanciato, senza che uno dei vari interessi prevalga sull’altro. Se si vuole infine evitare che i nuovi diritti alla conoscenza diffusa delle informazioni amministrative e alla partecipazione all’azione amministrativa vengano vanificati da una generica e spesso strumentale esigenza di tutela della privacy, occorre che siano bilanciati anche i due sistemi delle responsabilità, delle sanzioni e dei rimedi amministrativi e giurisdizionali, che al momento appaiono ben più strutturati sul lato della tutela dei dati personali.
Fonte: Il Sole 24 Ore del 10 marzo 2022
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