Si è spento sabato scorso Mario Viviani, decano degli amministrativisti italiani. Nato a Siena nel 1939, avviato alla carriera forense dal padre Agostino, senatore e proponente della legge sulla responsabilità civile dei magistrati. Mario era l’avvocato che tutti vorremmo al nostro fianco: competente e appassionato. Univa la verve toscana e la laboriosità lombarda, animato da amore per la giustizia e da odio civile degli abusi dell’autorità, era apprezzato dai colleghi per la sua lealtà e rispettato dai giudici, rispetto che ricambiava senza mai mutarlo in esibito ossequio. Cultore in particolare del diritto urbanistico, aveva affiancato decine di comuni italiani nella redazione delle normative di piano regolatore.
Fu tra i fondatori dell’Unione nazionale degli avvocati amministrativisti e coautore delle proposte di riforma della giustizia amministrativa concepite nei primi anni del suo operato. Di fronte alla morte i credenti hanno una certezza, gli atei una inconfessata speranza. Tutti possono avere una consolazione: quella di poter conservare viva la memoria di una persona che ha lasciato un segno con i propri valori, il proprio esempio, la propria vita.
Coloro che hanno avuto la fortuna di conoscere una persona di valore devono coltivare la sua memoria, così la manterranno viva e sconfiggeranno, almeno un poco, la morte. Con Mario Viviani abbiamo avuto questa fortuna e di Mario Viviani ci ricorderemo.
UMBERTO FANTIGROSSI