Abolire il reato e aumentare i controlli amministrativi

Pubblicato: 05 Settembre 2023 - Autore: Umberto Fantigrossi

Il reato di abuso d’ufficio ha due principali difetti. Da un lato tende a sostituire la valutazione del giudice a quella dell’amministrazione pubblica, in violazione del canone della separazione dei poteri. Infatti per quanto si sia tentato, da parte del legislatore, di circoscriverne la fattispecie escludendo l’ambito delle valutazioni discrezionali, nella pratica giurisprudenziale la presenza di norme generali sull’azione amministrativa, prima fra tutte l’aricolo 97 della Costituzione, mantiene sempre aperta la strada ad un sindacato del giudice sulla scelta ottimale nel pubblico interesse. Il secondo difetto è che questo sindacato, in ogni caso, arriva tardi, quando le conseguenze negative della patologia si sono già concretizzate.

Vi è chi sostiene che il reato va conservato, in ossequio ad obblighi internazionali e per un adeguato contrasto dei fenomeni di conflitto di interessi. In realtà andrebbe considerato che ciò che rileva, ai fini del conseguimento degli obiettivi di difesa della legalità, non può essere solo l’astratta previsione di un reato, ma l’effettiva idoneità del sistema legale di individuare e porre rimedio alle condotte corruttive, comminando la pena prevista. Sotto questo profilo è ben noto che solo una percentuale infinitesimale di procedimenti penali, avviati con l’accusa di abuso d’ufficio, perviene alla sentenza di condanna. Con conseguente spreco delle già scarse risorse della macchina della giustizia e con gravi conseguenze sui diritti delle persone che dal processo escono assolte ma fortemente penalizzate sul piano della reputazione e dei costi materiali e morali che il processo stesso comporta.

Non è poi vero che senza l’abuso d’ufficio il sistema resterebbe meno difeso dai fenomeni di cattiva amministrazione. Sarebbe infatti sufficiente controbilanciare questa riforma rafforzando in modo importante i controlli interni che rispettano la riserva di amministrazione. In particolare appare preziosa quella particolare tipologia di controlli che viene denominata come vigilanza collaborativa e che è stata ultimamente messa in campo dall’Autorità nazionale anticorruzione e dagli organismi indipendenti di controllo istituiti da alcune Regioni, come la Lombardia e il Piemonte. Si tratta, in sostanza, di prendere atto che per una buona azione amministrativa, specie nei contesti emergenziali o quando si tratta di rispettare obiettivi temporali ristretti, come nel caso dell’attuazione del Pnrr, occorre coniugare legalità con rapidità. Considerando che i controlli ex ante rallentano e quelli ex post sono tardivi, l’unica via resta l’approccio collaborativo: l’organo controllante, dotato di particolari competenze e posto comunque in condizioni di indipendenza dal controllato, è in condizione di dare ausilio e accompagnare la macchina amministrativa, così correggendo la patologia e nel contempo rendendone più trasparente l’attività.

Di particolare interesse risulta l’esperienza lombarda e, in quest’ambito, l’azione dell’organismo indipendente di controllo (istituito con la Legge regionale 13 del 2018) nel corso dell’emergenza Covid19. L’azione collaborativa si è svolta, durante quella terribile stagione, su tre fronti principali. Il primo relativo ai poteri di ordinanza, indirizzando la Regione ad adottare ordinanze solo laddove esistesse un’esigenza specifica del territorio lombardo. Si è poi operato sul fronte delle erogazioni liberali fornendo indicazioni operative in tema di trasparenza e rendicontazione. È stato poi progettato e distribuito ai tutti gli enti del sistema regionale un software per la gestione di questionari di autovalutazione sul sistema dei controlli nell’emergenza Covid19. Questi sistemi di autovalutazione sono stati successivamente sviluppati in altri ambiti: per il Pnrr e sulla missione salute, su attività di formazione lavoro e su attività del settore casa e housing sociale. Appare infine evidente che un complessivo miglioramento della pubblica amministrazione, considerandone la dimensione e la complessità, può essere ricercato ed ottenuto non con la repressione penale e con la (rara) punizione esemplare di qualche funzionario infedele, quanto piuttosto diffondendo costantemente ed in modo diffuso buone prassi.

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