Segnalo un paradosso che caratterizza l’attuale stagione degli Ordini professionali: contestati da molte parti (Autorità garante della concorrenza in testa) piano, piano, essi si rafforzano, acquistando di fatto nuove competenze. Due esempi per tutti. La formazione professionale permanente ed i nuovi servizi informatici. Sul primo fronte pur in palese difetto di una base normativa che autorizzasse, nel rispetto della costituzione, l’introduzione di un obbligo di prestazione e la modifica del regime dell’abilitazione professionale, gli Ordini amministrano oggi competenze significative che arrivano all’accreditamento degli eventi (anche questo non previsto dalla legge) e all’erogazione dei corsi (in posizione palese di conflitto di interessi). Strano che l’AGCM che contesta gli Ordini non si sia accorta che la formazione è un’attività d’impresa, che esiste un mercato dei corsi e che la “discesa” su questo mercato degli Ordini rappresenta un’evidente turbativa. Stesso discorso per i servizi informatici, a partire da quello di fornitura della posta elettronica certificata. Sono servizi resi sul mercato da operatori specializzati e validati, a costi ormai abbastanza contenuti. Per quale ragione intervengono gli Ordini ad intermediare questi servizi, sposando fornitori “ufficiali”, a volte con un maggior costo per i professionisti ?
Senza contare che in questo modo gli apparati degli Ordini si appesantiscono di personale e di costi, con l’ulteriore profilo critico del possibile sussidio incrociato tra proventi da tassazione (le quote obbligatorie che dovrebbero coprire i soli compiti istituzionali strettamente intesi) e proventi da servizi. Questo appesantimento grava anche sulla vita del professionista, sempre meno “libero”, perché ogni metro conquistato da qualsiasi forma di burocrazia è un metro perso per il cittadino.
Umberto Fantigrossi