2004: IL CRAC DELLA PARMALAT

Pubblicato: 27 Giugno 2004

di Umberto Fantigrossi All’inizio di questo anno è agli onori delle cronache un copione che troppe volte abbiamo visto. Decine di risparmiatori che perdono i propri risparmi investiti in titoli emessi da società quotate in Borsa. A fronte di ciò nessun commentatore o associazione dei consumatori sembra aver ancora indicato l’unica via dalla quale possono sperare di ottenere un totale o parziale rimborso. Le maggiori attenzioni infatti sono dedicate all’indagine penale e all’individuazione delle responsabilità della proprietà e della dirigenza dell’impresa ed in seconda battuta quella dei revisori e delle banche. Ma a fronte di un buco finanziario della dimensione di quello che si prospetta è del tutto utopistico sperare che dalle casse delle società possa uscire qualche risorsa che non sia diretta al personale o ai fornitori. Per le responsabilità del mondo bancario il tema è complesso ed in ogni caso le banche stesse certamente faranno una forte resistenza rispetto ad ogni ipotesi risarcitoria, ponendosi anch’essi dalla parte dei truffati e forse giustamente opponendo l’assenza di effettivi poteri di indagine e di controllo sui conti del gruppo Parmalat. Ben altre prospettive si aprono invece se si considera la posizione proprio di chi doveva vigilare sulla bontà dei conti e non lo ha fatto e cioè dello Stato, inteso come Ministero dell’Economia, Consob, Banca di’Italia, ecc.. E’ infatti principio costituzionale che il risparmio debba essere oggetto di incoraggiamento e tutela (art. 47 cost.). Anche in funzione di tale compito, di interesse generale, i mercati finanziari sono organizzati secondo precise disposizioni di legge e fatti oggetto di azioni pubbliche di vigilanza e controllo. Inoltre la borsa valori è strutturata come una sorta di servizio pubblico e per accedere alla quotazione le imprese sono sottoposte ad una procedura amministrativa, così come il meccanismo della quotazione ufficiale è affidato in esclusiva ad un gestore che applica una regolamentazione di provenienza pubblicistica e continuativamente controllato dalla Consob. Se questo è il quadro di riferimento, appare abbastanza ovvio che i risparmiatori debbano poter fare affidamento sull’effettiva efficacia dei meccanismi di controllo e conseguentemente  sulla relativa sicurezza dell’investimento in borsa e nella aziende quotate, che, in quanto tali, in qualche misura ricevono dallo Stato, per il tramite di tutti gli apparati e le procedure richiamate, una sorta di “certificazione finanziaria di qualità”. Se tale affidamento non viene rispettato ed il meccanismo dei controlli fallisce, non sembrerebbe logico e conforme al vincolo costituzionale, cui si è fatto cenno che le conseguenze patrimoniali negative debbano essere poste tutte a carico dei risparmiatori o affidate al contenzioso con gli autori di eventuali illeciti. Tale ricostruzione è suffragata dalla più recente giurisprudenza. Può essere ricordata, al riguardo, la sentenza della Cassazione (Sez. I, 3 marzo 2001 n. 3132) che ha astrattamente riconosciuto la configurabilità della violazione dell’art. 2043 del codice civile e la conseguente responsabilità per danni, da parte della Consob, in caso di omessa attivazione o superficialità dell’intervento accertatore sulla veridicità di informazioni e notizie riguardanti un’operazione di pubblica sottoscrizione di titoli atipici. E’ noto che, sulla base di tale decisione di legittimità, la Corte d’appello di Milano, nell’anno appena concluso, è giunta a condannare la Consob, oltrechè il Ministero dell’Economia, a rimborsare 6,3 milioni di Euro ai risparmiatori coinvolti in una delle operazioni del noto crac Cultrera. Sulla base di questo precedente e della più generale tendenza a togliere alla pubblica amministrazione ogni qualsiasi sfera di insindacabilità e di irresponsabilità (si pensi alla nota decisione della Corte di Cass. N. 500/99 sulla risarcibilità degli interessi legittimi) la via migliore per la tutela patrimoniale dei risparmiatori coinvolti nel crac della Parmalat appare quindi essere quella della causa civile contro le Autorità di controllo. Vedremo se le associazioni dei consumatori o altri soggetti si attiveranno in questo senso. Milano, 8 gennaio ’04

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