2003 :PALAZZI DI GIUSTIZIA

Pubblicato: 30 Giugno 2003

di Umberto Fantigrossi Ogni giorno a Milano varcano le soglie degli uffici giudiziari collocati nel quadrilatero compreso tra Corso di Porta Vittoria, Via Freguglia, Via San Barnaba e Via Manara, circa diecimila persone, di cui duemila dipendenti (tra magistrati e personale amministrativo). L’edificio però non è a “norma”, essendo privo persino del certificato di prevenzione incendi, e da anni si è in attesa di un intervento radicale di ristrutturazione e di messa in sicurezza. Le ragioni del ritardo non sono tanto da addebitarsi alla mancanza di finanziamenti (le risorse a quanto risulta ci sarebbero) quanto piuttosto a quella “emergenza amministrativa” rappresentata dalla frammentazione delle competenze e delle procedure a fronte della quale, in altre simili condizioni, si è invocata ed ottenuta la nomina di un commissario straordinario. Effettivamente al governo dei palazzi di giustizia, dal punto di vista “logistico”, in virtù di vecchie disposizioni di legge, concorrono da un lato i Comuni, chiamati a far fronte a queste spese “obbligatorie” e dall’altro più di un Ministero: quello della Giustizia, in quanto “utente”, quello dell’Economia e Finanze, in quanto titolare del Demanio (nei casi in cui come quello di Milano, l’edificio sia dello Stato) e quello delle Infrastrutture e dei Trasporti, che si occupa, attraverso i provveditorati alle opere pubbliche, della loro conservazione. Il “giro” dei flussi finanziari a questo punto assume i connotati del balletto o in qualche caso, del labirinto: i comuni anticipano i fondi per la manutenzione ordinaria, che poi, a distanza di tempo, il Ministero della Giustizia rimborsa. Per le ristrutturazioni interviene direttamente lo Stato, se l’immobile è demaniale, con il concorso dei vari dicasteri, ma con procedure di concertazione non prive di incognite e di rallentamenti. Fanno eccezione a questa situazione di confusione e di incertezza i Palazzi di giustizia di Roma e di Napoli, per i quali, con norme particolari, si è semplificato il quadro delle competenze affidando un ruolo più diretto e pressoché esclusivo al Ministero della Giustizia. C’è da chiedersi se in questa stagione di riforme costituzionali e legislative che toccano sia i rapporti centro-periferia, sia la giustizia, non possa trovare spazio, ad esempio nell’ambito del disegno di legge per la delega al Governo sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, una disposizione che generalizzi la soluzione di Roma e di Napoli o che comunque semplifichi il quadro delle competenze e delle procedure. I criteri di base a cui attenersi dovrebbero essere, da un lato, quello dell’unicità del centro di competenza e, dall’altro, quello che all’attribuzione di una funzione o di un compito deve accompagnarsi necessariamente l’attribuzione delle risorse per farvi fronte. Fino a che non si arriverà a tale riforma normativa non si potrà che procedere in via d’emergenza, quanto meno nelle situazioni di eccezionale criticità, come è senz’altro quella di Milano.

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