2002 :GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

Pubblicato: 30 Giugno 2002

di Umberto Fantigrossi All’indomani della riforma costituzionale che ha posto tra i principi fondanti il nostro ordinamento quello del “giusto processo” si è tornati ad interrogarsi se il nostro sistema di giurisdizione amministrativa debba essere ulteriormente riformato, anche dopo le recenti innovazioni apportate dalla legge n. 205 del 2000. La prima osservazione al riguardo è che il tema del processo amministrativo andrebbe affrontato come parte del più ampio problema della giustizia nell’amministrazione e quindi avendo ben presente i forti cambiamenti intervenuti in questi ultimi anni nell’organizzazione dello Stato e degli enti pubblici e nell’agire amministrativo. Se l’obiettivo finale cui si vuol tendere è quello di assicurare sia il pieno rispetto del principio di legalità sia l’esercizio imparziale e corretto dei poteri pubblici, anche quando essi utilizzano gli strumenti del diritto privato, appare evidente che intervenire solo sul processo avanti gli organi della giurisdizione amministrativa non è sufficiente. In quest’ottica più ampia non può essere tralasciata la questione di rifondare un sistema articolato ed efficiente di controlli (la legalità dell’amministrazione non può essere garantita solo in caso di lite giudiziale) e devono essere rivitalizzati anche i ricorsi amministrativi. Solo in questo modo potrà ridursi la massa delle situazioni di illegalità amministrativa e di malamministrazione, impedendo che una parte troppo elevata di casi venga portata in un aula di giustizia e che un’altra parte, altrettanto significativa, non vi pervenga per ragioni le più diverse, fra le quali anche quelle legate ai costi e quindi al livello di reddito del cittadino leso nei suoi diritti. Occorre poi che l’ottica del riformatore, del processo amministrativo, non sia quella di colui che vede nel complesso dei TAR e del Consiglio di Stato un contropotere troppo forte rispetto a quello degli organi politici: purtroppo tanta parte dell’approccio giornalistico al tema appare influenzata da questo modo di vedere il problema, che può portare a pericolose riduzioni dell’area di incidenza della giustizia amministrativa. Occorre invece presidiare come valore fondante la nostra civiltà giuridica quello di poter avere un sindacato imparziale di legittimità e di correttezza dell’azione dei governanti e degli apparati amministrativi. Ridurre o rendere più difficile il controllo giurisdizionale, a fronte della massa di arretrato dei TAR e del Consiglio di Stato, è un po’ come quando, a fronte della difficoltà di disinquinare le acque di un fiume o del mare, si alzano i limiti di tollerabilità delle sostanze dannose. Agire sul lato dell’accesso alla giustizia amministrativa invece che su quello della capacità di risposta del relativo apparato risulterebbe ancor più dannoso e pericoloso ora che stiamo decentrando in maniera massiccia il potere amministrativo verso la periferia del sistema istituzionale (federalismo spinto, principio di sussidiarietà, ecc.). In tali aree infatti è ancor più consistente la possibilità di abusi ed è meno certa la qualificazione e la preparazione dei funzionari. Detto tutto ciò, le linee attorno alle quali una riflessione sul tema potrebbe svolgersi appaiono le seguenti: a) aumentare la produttività dei TAR introducendo il giudice monocratico di primo grado; b) svolgere il giudizio di secondo grado avanti un Collegio periferico; c) riservare al Consiglio di Stato le funzioni consultive e quelle d’appello per i soli giudizi che riguardano atti aventi efficacia sull’intero territorio nazionale; d) riformare il sistema dei difensori civici attribuendo loro la possibilità di impugnare gli atti avanti i TAR; e) riformare i ricorsi amministrativi e consentire agli organi di vertice delle amministrazioni di annullare anche d’ufficio per motivi di sola legittimità gli atti a valenza esterna dei dirigenti. Vi è infine una considerazione di metodo che ritengo di estrema importanza. Occorre che la riforma di un settore di così alta rilevanza per il vivere civile debba essere preceduta da un ampio confronto tra tutte le componenti sociali interessate. Affidare questa riforma solo alla dialettica tra i giudici amministrativi, il governo ed il parlamento non potrà che portare a soluzioni parziali e di compromesso e come tali destinate a non durare nel tempo. Milano, gennaio 2002

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